Il problema: quando la contabilità fiscale non basta a governare l’impresa

In molte piccole imprese italiane la contabilità esiste, ma non è utilizzata come uno strumento di direzione. È un insieme di registrazioni obbligatorie, prodotte dallo studio per calcolare le imposte, generare l’F24 e adempiere alle scadenze.
Nulla di più.

Il risultato è che l’imprenditore guida l’azienda “a vista”.
Osserva il saldo del conto corrente, controlla se “ci sono soldi” per affrontare la settimana e rimanda ogni decisione strategica alla sensazione del momento. Ma ciò che accade sul conto corrente è solo la conseguenza di scelte economiche e finanziarie mai analizzate.

Il problema principale è la mancanza di controllo di gestione: nessuno misura i margini, la redditività dei prodotti, i costi fissi assorbiti, l’andamento mensile rispetto al budget. L’azienda non sa se sta guadagnando davvero, se genera cassa o se la sta bruciando lentamente.

A questo si aggiunge la totale assenza di una pianificazione finanziaria.
Molte imprese scoprono di non avere liquidità solo quando il fornitore sollecita, la banca riduce un affidamento o il commercialista comunica l’importo dell’F24 poche ore prima della scadenza. Ma le imposte non sono un fulmine a ciel sereno: derivano da operazioni già avvenute nei mesi precedenti.

Senza un sistema di previsione dei flussi finanziari, l’impresa vive nell’incertezza. E quando il futuro è incerto, ogni investimento sembra pericoloso. Le decisioni si rinviano, la crescita si blocca e aumenta la sensazione di essere sempre in emergenza.

Manca anche la pianificazione fiscale, che non significa elusione, ma organizzazione: sapere in anticipo cosa si pagherà, quando e con quali misure preventive.

Il problema, quindi, non è la contabilità.
È il modo limitato in cui viene utilizzata.

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